Siamo lieti di presentarvi il racconto che ha trionfato nella prima edizione del prestigioso concorso “Racconti di merda”. The winner is… Immature Karl! Vi proponiamo questa indimenticabile opera prima di commentarla, affinché possiate apprezzarne anche voi la meravigliosa meravigliosità.
Buona lettura.
Il cielo era pulito da nuvole, la luna piena splendeva maestosa come una regina nella voluta nerastra delle notte e le stelle le volteggiavano attorno, graziose come damigelle ad un matrimonio da sogno.Anna correva per la stradina a ridosso del cimitero, gli astri brillanti come diamanti e i rari, deboli lampioni a illuminarle il cammino. Le gambe le dolevano per quanto aveva corso, neanche avesse partecipato a una maratona di beneficenza nel cuore di New York. Nel petto, il cuore batteva e batteva e batteva e Anna si aspettava da un momento all’altro che le schizzasse fuori esausto, rotolando ai suoi piedi vinti. L’ultima volta che aveva provato un simile terrore si trovava tra le pareti del bagno del cinema, ed era in presenza di Leo. Gli si era dichiarata in un momento di coraggio e a sentire le sue parole, il ragazzo era diventato rosso come un peperone. Ma non aveva detto nulla. Non aveva risposto “Anch’io”. Né l’aveva baciata. Era rimasto semplicemente in silenzio, come una volpe che scruta da sotto gli occhi furbi un coniglio, studiando il momento più propizio per saltargli addosso. E quel silenzio assordante era cresciuto a mano a mano e nell’attendere il responso del giovane, Anna era stata colta da una paura irrazionale, illogica, senza precedenti.La ragazza aveva la fronte madida di sudore e i vestiti le si erano appiccicati addosso. Lungo la schiena, ogni volta che sentiva quei passi alle sue spalle, le saliva un brivido gelido come i meandri oscuri e dannati degli inferi.Quell’uomo (chi era costui? Voleva sapere!) la inseguiva senza difficoltà e ad Anna sembrava che, sì, le sembrava che guadagnasse via via terreno, che si avvicinasse sempre di più, che fosse sul punto di balzarle addosso, afferrarla per un polso e bloccarla definitivamente, impedendole di scappare ancora. E Anna di questo aveva paura.Ma gli dèi, quali che fossero a risiedere lassù nel cielo, non avevano a cuore la situazione della ragazza, e così lasciarono che accadesse. Lasciarono che il suo inseguitore la raggiungesse. Con le grosse mani come zampe da orso le cinse la vita e la spinse in avanti. Anna perse l’equilibrio e crollò a terra e l’uomo le cadde sopra, con tutto il suo peso da cinghiale.“Chi sei? Cosa vuoi da me? Lasciami andare. Lasciami andare, ti ho detto,” sentenziò Anna cercando di tirarsi fuori da sotto il corpo dell’uomo.“Ferma. Stai ferma,” asserì l’uomo ringhiando come il cane di zio Cri quando vede arrivare il postino. Le rughe sulla sua faccia erano scure e profonde e alla luce delle stelle e della luna e dei lampioni appariva attorno ai quaranta, forse cinquant’anni. Ma era alto e robusto, troppo in forma per la sua età. Anna si chiese se magari andava in palestra, o se era un’atleta o se semplicemente prendeva steroidi. Si ricordò che quella era un’azione vile e degradante, il pompare il proprio corpo con sostanze chimiche anziché lavorarselo duramente come tutti gli altri. Lei non lo avrebbe mai fatto, non sarebbe mai scesa così in basso, non avrebbe mai gettato da parte quel poco di dignità che una ragazzina come lei poteva avere.Tenendola stretta per i polsi con quelle dita forti come tenaglie d’acciaio, l’uomo sia alzò da prima in ginocchio e poi in piedi, tirando Anna su con sé. Senza dire nulla, avvicinò la faccia alla sua e aprì la bocca, riversando sul volto della fanciulla il suo alito che sapeva di alcol. Poi tirò fuori la lingua e gliela passò su una guancia, e Anna la trovò viscida e disgustosa come una lumaca. Un conato di vomito le si bloccò in gola, e Anna cercò di controllarsi.“Lasciami andare, brutto pervertito del cazzo,” gridò mentre l’uomo la stringeva a sé.Alla fine, non si sa come, Anna riuscì a liberarsi dalla sua stretta, lo spintonò all’indietro e si diede di nuovo alla fuga, come un uccello selvatico che all’arrivo dell’inverno se ne scappa in posti in cui il clima è più mite.Con la coda dell’occhio riuscì però a notare qualcosa. Un oggetto era caduto di tasca all’uomo, il cellulare. Ma non era uno smartphone di nuova generazione, non era un iPhone. Era un semplice e volgare telefonino di quelli ancora con la tastiera di plastica, e mentre se la dava a gambe, lontana dal suo inseguitore pedofilo, Anna non poté fare a meno di chiedersi chi al giorno d’oggi, che si potesse chiamare sano di mente, andrebbe in giro con un simile rottame, un souvenir di un’altra epoca.Ma mentre pensava al cellulare dello sconosciuto, Anna non vide una buca davanti a sé, la sua scarpa Nike destra vi finì dentro e la ragazza inciampò, crollando a terra.Grosse mani si avventarono su di lei prima che si potesse alzare. L’uomo l’aveva raggiunta e questa volta aveva con sé un sacco, come quelli usati un tempo per trasportare la farina. Lo mise in testa ad Anna e se la caricò di peso in spalla, dirigendosi chissà dove.Per fortuna di Anna, il sogno terminava a questo punto, quindi la ragazza non sapeva se il bruto voleva violentarla o ucciderla o mangiarla. Da sotto le coperte, si pulì la fronte sudata e affermò a gran voce, rivolta al suo cuore, che ora poteva anche smettere di battere, perché era a casa e non era forse vero che non c’è nessun posto migliore di casa propria?
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Questo racconto rappresenta l’esasperazione di ogni regola dello scrivere di merda. È meravigliosamente brutto, non mi passa mai la voglia di rileggerlo. Sono convinto che opere come questa andrebbero inserite nelle antologie dei licei, affinché brufolosi studenti ne possano comprendere valore e insegnamenti. Prima di lasciare la parola ai preziosi collaboratori della Sacra Giuria, con cui è stato un piacere confrontarsi, rinnovo i ringraziamenti a tutti i partecipanti, e i miei sentiti complimenti a Immature Karl, che a breve riceverà la pregiata pergamena che ne attesta una posizione di rilievo nell’Olimpo degli scrittori di merda.
Rita Ciatti (Biancaneve): L’incipit di Anna mantiene quel che sembra promettere: similitudini improbabili e lessico kitsch, considerazioni realistiche – ma del tutto fuori contesto – e altre oziose, giocando sull’ormai banalissimo luogo comune del sogno. Il deus ex machina di chi ha scarsa fantasia per risolvere una situazione che non prevede sviluppi interessanti. L’intreccio inesistente, la pessima scelta del lessico, l’uso ossessivo e pedante delle similitudini fanno di Anna un eccellente esempio del racconto che il lettore non vorrebbe mai leggere.
Alessandro Madeddu: Appena finito di leggere “Anna” ho pensato: signori miei, abbiamo un vincitore! Impossibile che qualcuno batta un simile concentrato di dati superflui, di dettagli esasperanti, di osservazioni pedanti, di similitudini di una banalità da lasciare sfigurato il lettore. E quello splendido “Alla fine, non si sa come, Anna riuscì a liberarsi dalla sua stretta” – come sarebbe a dire che non si sa come? Poco prima si sapeva anche del cane dello zio Cri, che abbaia al postino. Nossignori, “Anna” non si può battere, nemmeno di misura.
Costanza De Pedantis (Tourette): Sin dalla prima lettura di questo racconto tutti noi della giuria, in cuor nostro, l’avevamo decretato come vincitore del concorso. La pesantezza inutile ed esasperante dei dettagli paesaggistici fa da contorno alla storia di questa ragazzina con i suoi primi turbamenti adolescenziali (di cui non frega un cazzo a nessuno) e alla sua breve avventura. Un’avventura onirica degna della migliore psicanalisi freudiana. Ci sono tutti gli elementi per una trama scadente: l’inseguitore, la vittima e il finale scontato del sogno. Il tutto sarebbe stato scialbo e poco degno di nota se non fosse stato farcito (e qui sta la bravura del nostro scrittore di merda) da inutili considerazioni della giovane inseguita, che rispecchiano pienamente i temi scottanti peculiari della generazione alla quale appartiene: l’hi tech e Utili consigli su come avere un corpo perfetto. I miei complimenti allo scrittore.
AHaha complimenti vivissimi xD
''“Alla fine, non si sa come, Anna riuscì a liberarsi dalla sua stretta” – come sarebbe a dire che non si sa come? Poco prima si sapeva anche del cane dello zio Cri, che abbaia al postino. Nossignori, “Anna” non si può battere, nemmeno di misura.''
Sono morto quando ho letto questo commento xD
Più lo leggo e più mi piace.
Grazie, grazie, troppo buoni!
😀
Ai signori della giuria: non avete considerato l'aspetto piu' importante della bruttura di questo racconto:
E' copiato pari pari da "Annie Are You Ok?" (Smooth Criminal) di Micheal Jackson!!!!!!
Oi, lercio, non lanciare accuse infondate!
A parte gli scherzi, devo ammettere di non conoscere la canzone in questione. Ho voluto "creare" per Anna una base semplice, stupida, condivisibile da mille altre storie, quindi è naturale se a un certo punto esce fuori che esistono altri racconti/opere letterarie e non che le assomiglino.
Quello che mi lascia davvero a bocca aperta è la coincidenza dei nomi. Anna e Annie. Se non fossi tanto materialista, direi che qualcuno mi ha fatto un brutto scherzo.
Non conoscere le canzoni di Micheal Jackson, indipendentemente da tutto, e' gia' un punto a tuo favore.
Il fatto che hai risposto al mio commento, che era una boiata piu' che ovvia e senza fondamento, invece e' un punto contro.
Quindi sto a 0?
Okay, essere neutri mi piace.
io amo Immature Karl.
E complimenti a Immature Karl!
Tutti si sono chiesto come abbia fatto Anna a liberarsi dallo sconosciuto… ma io mi chiedo… ma in che razza di paese abita Anna che il cinema sta attaccato al cimitero?! O.o
Chiedo scusa se vengo solo ora a fare i complimenti a Immature Karl per questa perla di racconto brutto, ma in questi giorni sono stato impegnato a seguire accuratamente un'elezione brutta.
Che dire che non sia già stato detto sopra? Forse potrei aggiungere che il bello di questo racconto è di essere assolutamente leggibile, leggero, senza parti pesanti od ostiche, e fila via liscio come l'olio, ma fortunatamente questa bellezza è largamente compensata e travalicata dall'assoluta mancanza di senso, buon gusto, coerenza. Meyer docet. Bravo Immature Karl.
Danke.
Scusate sono nuovo di questo blog, ci sono incappato per puro caso.
Non capisco: l'autore lo ha fatto apposta a scrivere un racconto di merda perfetto come questo?
Si tratta di un esercizio di scrittura in brutto stile o è da considerarsi come frutto della sua più spontanea (e mostruosa) fantasia?
Benvenuto!
La invito a leggere il bando:
http://obbrobbrio.blogspot.it/2013/02/un-imperdibile-concorso-letterario.html
Grazie Alessandro C.
ora mi è tutto più chiaro!
Il mio unico rammarico è non averlo saputo prima. Pazienza, vorrà dire che parteciperò agguerritissimo alla prossima edizione. Ho fatto un giro nel tuo blog e ti faccio i miei complimenti. Considerami già un tuo allievo!
Tornando al racconto di Karl, trovo formidabile l'espressione "lo spintonò all'indietro"; è da pleonasmi come questo che si riconosce un vero scrittore di merda di razza.
Domenico