“L’importo della ferita e altre storie” di Pippo Russo

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Ancora una volta do un giudizio di merito, da lettore, dei libri presi in esame prima di farne un’approfondita analisi testuale. E lo faccio esternando un profondo senso di colpa verso me stesso per tutto il tempo che ho dovuto dedicare a essi, e persino per il piglio scrupoloso con cui li ho affrontati. Tutto quanto fuori scala, davvero. Uno spreco di vita e energie intellettuali di cui mai nessuno mi ripagherà, e che tanto più grida vendetta se guardo alle cataste di libri non letti che barcollano in ogni angolo di casa su pile irregolari. Ma era uno sporco lavoro, e qualcuno doveva pur farlo. O almeno così mi illudo che sia.

Quelle che avete appena letto non sono parole mie, ma del saggista e giornalista Pippo Russo, che ha voluto farsi del male passando in rassegna gli obbrobri letterari di alcuni tra i più quotati autori italiani contemporanei.
Son venuto a conoscenza dell’Importo della ferita e altre storie [Edizioni Clichy, 2013] grazie a una recensione pubblicata su Giramenti qualche anno fa, e devo ammettere che la mia fiducia si è rivelata ben riposta.

Sorridere o incazzarsi?

Si parte da Faletti, definito dal settimanale Sette “il più grande scrittore italiano”. Vengono messi a nudo gli evidenti limiti dell’ex Catozzo, protagonista di strafalcioni in quantità industriale degni di qualche autoruncolo recensito su questi lidi. Espressioni che sembrano tradotte in malo modo dall’inglese, freddure da far sembrare il Pierino di Alvaro Vitali un fine intellettuale, errori e orrori lessicali da far impallidire un ragazzino delle medie.

Quello falettiano è un mondo fatto di calvizie che partono dalla nuca, ferite che hanno un importo, coltelli affilati come rasoi, muri delle pareti, occhi grigi come la lama di excalibur. Ma è anche il mondo di un autore pubblicizzato ed esaltato fino all’inverosimile, presente su ogni scaffale, amato da milioni di lettori. Fermo restando che, se dovessimo giudicare la grandezza di un artista in base ai dati delle vendite dovremmo ritenere Gigi D’Alessio e Laura Pausini due tra i più grandi cantautori italiani di sempre.

Si era alzata e se n’era andata, lasciando Mary Ann Levallier alle prese con un cocktail di scampi che probabilmente la irritava perché non era in nuance con la sua camicetta. [Giorgio Faletti – Niente di vero tranne gli occhi – Baldini Castoldi Dalai, 2004]

Alcuni passi citati da Pippo Russo (nonché il sarcasmo dei suoi commenti) mi han fatto ridere di gusto, almeno fino a quando non ho riflettuto sul fatto che gli ammiratori di Faletti godano anche del diritto di voto.


Fabio Volo e altre creature fantastiche

Il protagonista di questo capitolo è l’Uomo senza Qualità del XXI secolo, il più grande e doloroso mistero dell’Italia contemporanea. Di lui molto si dice e scrive, ma pochissimo si riesce a spiegare. Nessuno, per esempio, è capace di dare una plausibile giustificazione al suo successo. [Pippo Russo]

Nel novembre del 2013 scrissi una lettera al giornalista Michele Brambilla, autore di un articolo in cui, per farla breve, i detrattori di Fabio Volo venivano descritti come semplici rosiconi. Quella lettera, segnalata a Brambilla via Twitter, non ha mai ottenuto risposta. Oggi la domanda che vorrei porre al giornalista lombardo è: ma lei ha mai letto un libro di Fabio Volo?

Tornando all’Importo della ferita e altre storie, anche per ciò che riguarda le opere letterarie del Fabio nazionale emerge un quadro sconcertante. Ho provato un senso di forte empatia con Pippo Russo leggendo il passo in cui racconta che, dovendo parlare di “Una vita che ti aspetto” (il secondo romanzo di Volo, edito da Mondadori nel 2003) si è reso conto di non ricordare di cosa parlasse:

Mi è toccato rileggere il libro; ciò che ha comportato darmi del coglione a ogni pagina per lo spreco di tempo al quadrato. E man mano che rileggevo, riconoscevo le cose lette. Ma mica quelle di UVTA; quelle lette in tutti gli altri libri del diciamo-così-scrittore, piuttosto. In questo senso, UVTA è la quintessenza della serialità voliana. Letto un libro li avrete letti tutti. [Pippo Russo]

I “premiati”

Dopo aver conosciuto le assurdità del romanzo marrone di Pupo, si passa allo stile  im-pulp-abile  di Sangiorgi (sì, quello dei Negramaro), ancor più atroce dei suoi latrati. Ma la sezione finale dell’Importo della ferita mi ha sorpreso e imbarazzato.

Se da un lato la pubblicazione dell’opera di un personaggio famoso – seppur semianalfabeta- è giustificata col fatto che la notorietà riduca al minimo il rischio d’impresa, non si spiega quale strana alchimia abbia portato autori come Piperno e Scurati a fare incetta di premi letterari e consensi della critica. Anche in questi casi gli esempi non mancano, come non viene a mancare l’abile penna dello stroncatore, che riesce nel difficile compito di offrire un sollievo dall’insopportabile pesantezza dei passi citati.

In conclusione

Ho scelto di recensire questo libro perché mi ha sorpreso e divertito. Nell’Italia dei Brambilla e dei Cotroneo, trovo naturale appoggiare chi resiste alla dittatura del politically correct e riesce a sputtanare con stile sia gli autori di fuffa che i loro sostenitori.

L’Importo della ferita è, per tono e contenuti, un libro che consiglio al lettore tipico di Obbrobbrio, intelligente e un po’ stronzo. Ho amato il sarcasmo di Pippo Russo sin dalle prime pagine, chiedendomi come abbia fatto a evitare una dozzina di querele (negli anni ho ricevuto minacce per molto meno). Penso anche che molti sedicenti scrittori dovrebbero far tesoro dei grotteschi passi citati per guardarsi dentro e capire se il morbo dello scrivere di merda abbia contagiato anche loro e correre ai ripari.

Bene, la recensione è finita. Esco a fare due passi.

6 Commenti

  1. Mannaggia, trascurando i blog d'estate rischiavo di perdermi una simile perla. Metto subito nel carrello, anche se so che più che divertirmi mi farà incazzare, dandomi triste conferma di tutto il male che penso di certa editoRAGLIA italiota, e di tutto ciò che di brutto e bruttissimo le ruota attorno. Ciao!

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