Ci risiamo. Dopo Bill Cosby, un altro celebre volto del piccolo schermo rischia di finire alla sbarra a causa delle pesanti accuse che gli vengono rivolte: si tratta di Grande Puffo, il saggio leader degli esserini blu che hanno allietato l’infanzia di milioni di bambini. A quasi quarant’anni dalla sua prima apparizione televisiva, Puffetta ha deciso di svelare alla stampa torbidi retroscena legati al suo ingresso nel cast: ero giovane e desiderosa di fare carriera. Dopo il provino, Grande Puffo mi invitò a cena a casa sua. Mi fece capire che l’unico modo per ottenere la parte era… puffarmelo. L’attrice sostiene di aver subito pesanti umiliazioni: mi disse che dovevo diventare bionda, mi obbligò a fare uso delle sue pozioni. Ero giovane e terrorizzata all’idea che la mia carriera potesse essere ostacolata da un puffo così influente.
Mentre sui social gli immancabili indignati facevano sentire la propria voce, i tifosi della Lazio hanno tappezzato la curva dei romanisti di fotomontaggi che ritraevano Puffetta con la maglia giallorossa, come se tale accostamento fosse offensivo. Per evitare il ripetersi di episodi come questo, il Ministro dello Sport ha decretato che, domenica prossima, in ogni stadio d’Italia venga letto (purché si trovino calciatori in grado di farlo) un brano tratto dal libro I misteri di Maria di Paolo Brosio.
Alle Puffetta di questo mondo va riconosciuto senza dubbio il merito di aver denunciato l’orco di turno, ma soprattutto quello di aver alimentato per diversi anni un sistema indiscutibilmente meritocratico, che taglia fuori chi ha la stupida idea di opporvisi.
Ma chi critica la presunta vittima offende davvero l’intero genere femminile? Anche se quest’ultimo comprende puffe che, pur di non concedersi all’approfittatore di turno, sarebbero disposte ad affogare nel pentolone di Gargamella?
Il sistema in effetti è davvero meritocratico: il merito è essere gnocca, e non ci sono eccezioni. Se una è racchia allora è fuori, e non ci sono raccomandazioni o santi in paradiso che tengano. Quindi la meritocrazia funziona.