Su festival letterari e altri obbrobri

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Cari Visitors,
Si fa un gran parlare di crisi dell’editoria, addetti ai lavori e sostenitori del self-publishing si scannano a vicenda nel web litigandosi le briciole (o il capezzale) degli ultimi lettori presenti in Italia. Gli uni rinfacciano agli altri che l’autopubblicazione non ti rende uno scrittore e che la mancanza di un filtro editoriale ha creato un mercato della monnezza letteraria. Gli altri replicano rinfacciando il fatto che in libreria ci siano Moccia e Fabio Volo. Fabio Volo e Moccia. Sempre e solo loro due.

E’ vero che editoria a pagamento e print on demand hanno prodotto più merda di un esercito di lottatori di sumo col cagotto, ma è anche vero che non tutto ciò che le case editrici “serie” offrono sia decente. L’ebook viene ancora visto come il maligno, l’oscuro culto tecnocratico che l’editoria tradizionale proprio non riesce a comprendere. Impensabile che un prodotto digitale – che non comporta, dunque, spese di stampa e spedizione – venga proposto a cifre altissime. Come dice il mio amico Paolo Ungheri, quando si trova un titolo in cartaceo a 15 euro e la sua controparte digitale venduta a 12,99 euro, si capisce bene che c’è qualcosa che non funziona.
Io e la De Pedantis siamo stati in giro per LibrarVerona, manifestazione dedicata al mondo del libro e della lettura. E gli autori? La prima a presentare la sua opera è stata una certa Licia Colò (Mondadori), mentre ieri pomeriggio abbiamo assistito alla presentazione del libro scritto dall’imprenditrice Marina Salamon, che ha più volte sottolineato di esser stata contattata da Mondadori, che le ha chiesto di scrivere un libro.
Tediati da queste palesi manifestazioni dell’atrocità del marketing editoriale italiano, ci siamo recati nello stand “andar per libri”. Appena entrato – ve lo giuro – mi son ritrovato davanti le ultime opere di quel magnagatti di Bigazzi e di Benedetta Parodi. Un incubo. Usciti dal tendone, abbiamo scoperto una nuova – anzi, antichissima – insidia: il cancello spalancato del Festival Biblico.
A quel punto siam fuggiti in preda alla disperazione. Fortunatamente, abbiamo scoperto un mercatino del libro usato allestito presso la biblioteca civica. Un sollievo, sebbene il meglio fosse già stato (s)venduto agli encomiabili visitatori che hanno scelto di non accodarsi alla folla di rimbecilliti estasiati di fronte al balcone di Giulietta. Vaglielo a spiegare, che Shakespeare non sapeva nemmeno come fosse fatta Verona.
Alla fine della fiera – è proprio il caso di dirlo – di libri ne abbiam comprati solo tre: “Trilogia Galattica di Isaac Asimov” del 1964 (prezzo di copertina: 700 lire, pagato un misero euro), “Il secondo diario minimo” di Umberto Eco e, infine, “Impariamo l’italiano” di Cesare Marchi. Quest’ultimo mi servirà parecchio, in quanto l’overdose di libracci degli ultimi tempi mi sta causando seri problemi nel coniugare i verbi al congiuntivo.
Era stata proprio la full immersion tra pessimi libri acquistati su Amazon a spingerci in questo bagno nell’editoria vera ma, a conti fatti, devo ammettere che l’esperienza non mi è piaciuta affatto. Se mi chiedessero cosa butterei giù dalla torre tra l’editoria tradizionale e il self-publishing, risponderei entrambi. Prenderei a calci nel sedere quei semianalfabeti che pubblicano robaccia tramite piattaforme print on demand e affini, come  randellerei volentieri gli editori che potrebbero lanciare autori davvero in gamba anziché fossilizzarsi sulla Littizzetto di turno.
Ho grande stima per gli scrittori (sì, ho scritto proprio scrittori) che vedono nell’autopubblicazione una possibilità e non un semplice ripiego, ben diversi da quei permalosi buffoni così impreparati da non rendersi conto della propria impreparazione. Stimo allo stesso modo le piccole case editrici che hanno il coraggio di investire su opere e autori innovativi, come quella Neo Edizioni ancora colpevolmente fuori dal mercato digitale.
Chi ama la lettura, come voi e come il sottoscritto, si augura che la crisi del mercato editoriale finisca e che, magari, l’offerta migliori. Ma una celebre teoria economica sostiene che ogni offerta crea la propria domanda. Se le cose stanno così, prepariamoci al peggio. La sgradevole impressione con cui ho lasciato il LibrarVerona è che gli editori, pur di vendere, si stiano attaccando a delle figurine che con la Letteratura c’entrano ben poco. Come le chiappe della soubrette per pubblicizzare una compagnia telefonica, o l’attore che sponsorizza merendine. Come Totti che pubblicizza… un libro. Mondadori, ovviamente.
In concomitanza con il LibrarVerona, a Senigallia si sta tenendo l’ISPF2013, il festival internazionale del self publishing. Mi sarebbe piaciuto visitarlo per liberarmi da qualche pregiudizio ma, dopo una celebre stroncatura di qualche tempo fa, da quelle parti andrei in giro solo con la scorta che non posso permettermi (NB: è una battuta, non mettiamo in mezzo gli avvocati, eddaje!).
Se non siete troppo occupati a rispondere a telefonate da parte di importanti editori ai quali scappa d’offrirvi un contratto, mi piacerebbe molto sapere cosa ne pensate, dei festival letterari e di tutto il resto. Tranne che di Bigazzi, per favore.
 

27 Commenti

  1. Ti rispondo ora, ho appena chiuso il telefono in faccia alla Mondadori che voleva che io gli scrivessi un libro, ma gli ho detto che no, autopubblico. E ora scusa, non posso trattenermi che ho due chiamate perse da Fazi e Newton Compton che se non li chiamo poi mi tartassano…

  2. Bello "Il secondo diario minimo", c'è dentro il saggio sulla mappa dell'impero 1:1!
    Riguardo invece a quello che dici: d'accordo con te che è l'offerta a creare la domanda, la mancanza di un'offerta "interessante" può essere causata da una parte dall'atteggiamento troppo "azienda" di alcune CE (vedi Mondadori), che tralasciano l'aspetto "soggetto culturale" dell'editoria, dall'altra parte da quelle CE che, pur riconoscendosi nell'aspetto "soggetto culturale", restano ancorate ad un concetto arretrato di questo (e magari il digitale proprio lo schifano).

  3. C'è una cosa di cui nessuno (e sottolineo NESSUNO) sembra preoccuparsi è che l'editoria digitale farà alla letteratura esattamente gli stessi danni che ha fatto il file sharing alla musica: libri scaricati gratuitamente, pirateria a go-go, epocale calo di vendite.
    Questo ovviamente riguarderà principalmente i lettori occasionali, che scaricheranno anzichè comprare i bestseller dei vari fabio volo, moccia, benedetta parodi e compagnia, mentre i lettori forti si spera continuino almeno a foraggiare gli scrittori veri di cui si ritengono fan. Quante volte vi capita che un collega vi passi dei file di lavoro sul suo hard disk esterno, e che incuriositi dalla presenza della cartella Musica andiate a sbirciare tra i suoi file? Ebbene, trovate sempre i soliti Jovanotti, U2, Ligabue, Negramaro, Pausini, Pink Floyd, Adele, ecc. Mai uno che si scarichi un piccolo artista.
    L'augurio che mi faccio è che la gente si compri il kindle e inizi a scaricarsi selvaggiamente tutti i newton compton e mondadori su cui riesca a mettere le mani (si trovano già degli zipponi con UN GIGA di libri, roba che manco leggendo continuativamente per tutta la vita li esauriscono), e ad essere acquistati siano invece quegli scrittori validi, a cui consciamente vuoi dare il tuo supporto.
    Io che sono un maledetto nostalgico dell'oggetto fisico, scarico un sacco di musica ma poi mi vado a comprare i dischi che mi piacciono proprio perchè 1) voglio l'oggetto fisico e 2) voglio dare un contributo all'artista in questione – e se tutti facessero così, immaginate di quanta monnezza faremmo a meno, solo la gente valida venderebbe. Purtroppo questo modello è poco o niente replicabile coi libri, e per questo considero non tanto anacronistici ma, in un certo senso, lungimiranti quei piccoli editori che non pubblicano ebook.

    • Di mio posso dirti che – a parte libri scritti da autori morti e stramorti, tradotti da editori morti e stramorti – ho sempre acquistato gli ebook da amazon senza "scroccarli". Ti dirò di più: lavoro in un ufficio in cui tutti i miei colleghi hanno un ebook reader, e nessuno di loro ha mai scaricato una copia pirata di un libro. Credo che la facilità disarmante e l'immediatezza dell'acquisto di un ebook scoraggi fortemente la pirateria. A patto che il prodotto sia offerto a un prezzo onesto e, onestamente, 16 euro non lo è :)))

    • ma tu non sei un lettore casuale. Tu fai parte di quelli che continueranno a comprare libri anche il giorno che il cartaceo sarà una rarità per feticisti. Io parlo di quelli che leggono poco e male. Immagina quante casalinghe disperate si siano scaricate gratis 50 sfumature per non farsi vedere in autobus che lo stanno leggendo, per dire 😀

    • . Ti dirò di più: lavoro in un ufficio in cui tutti i miei colleghi hanno un ebook reader, e nessuno di loro ha mai scaricato una copia pirata di un libro.

      Si può dire lo stesso di film e serie? No, non si può dire 😉

    • C'è una differenza fondamentale fra i tre oggetti. Primo: mi sai indicare dove posso comprare un film in digitale? Secondo: ricordi da quando è possibile acquistare in modo semplice, a prezzi competitivi e magari con preview un file audio? Te lo dico io: da pochissimo. Certo, ci saranno copie non autorizzate, ma già c'erano prima che fosse possibile acquistarle, e molto spesso non sono di pari qualità. Certo che se gli editori continuano con questa politica della limitazione dei diritti, e inizia a diventare difficile comprare (senza contare che c'è un diffuso terrore ad acquistare on line), non mi stupisce che si diffonda l'idea che sia meglio fare i "furbi". Purtroppo i "furbi" ci sono. E quindi? Rinunciamo alle opportunità e potenzialità del nuovo supporto? Buona sopravvivenza a quegli editori che rifuggono la novità. La verità, che purtroppo accomuna molte piccole realtà editoriali, è che attrezzarsi per questo mercato non è così immediato.

    • Il punto non è questo. Il punto, come dicevo ad inizio post, è che mi sembra che nessuno si ponga il problema della pirateria che arriverà assieme alla diffusione di kindle & co. (esattamente come quella musicale è arrivata assieme alla diffusione di connessioni adsl flat e lettori mp3).
      Come diceva giustamente Alessandro, vendere a 12,99 un ebook che in cartaceo costa 15 è un SUICIDIO COMMERCIALE perchè è il modo perfetto per far dirottare sui siti pirata tutti i lettori occasionali che non spenderanno mai 13 euro per un misero file. Come dicevo, c'è il lettore feticista che vuole il pezzo di carta e il lettore che se ne frega, e questo secondo tipo è la "massa" che rischiano di perdere.

    • Non leggo "poco e male" e non ho mai letto 50 sfumature e non sono una lettrice occasionale, me se volessi scaricarmi un ebook "a gratis" lo farei, non mi nascondo. Non vedo perchè chi scarichi debba accontentarsi solo della merda e no di opere di qualità! Molto prima che le case editrici decidessero di convertire i loro titoli in ebook gente in internet si è spaccata il sedere per convertire le proprie librerie in ebook, titoli fuori catalogo e io ho gran rispetto per queste persone che hanno voluto condividere con altri opere introvabili.

    • Io sono un'autrice e posso affermarlo a pieno titolo avendo pubblicato quattro libri di cui due usciti in Germania con i tipi di una casa editrice mondiale (Random House). Ho letto molto attentamente sia il post sia i commenti e vorrei sottolineare una cosa: la differenza fra il self publishing e il libro pubblicato da un vero editore e sottolineò vero, non sta tanto nel valore intrinseco dell'opera perché entrambi possono essere capolavori oppure spazzatura. Sta nella qualita' del prodotto finito. Un autore che si produce da se' difficilmente dà alle stampe un prodotto che ha sottoposto al giudizio di altri e sul quale sono stati fatti quegli interventi (tagli, aggiunte, spostamenti, riscrittura di capitoli) che dovrebbero dare equilibrio e armonia all'opera.questo lsvoro, che non si inventa e richiede professionalita' specifiche ha costi elevati perche' prende molto tempo. Chi si butta nell'autopubblicazione ritiene sempre di aver scritto un capolavoro che lascera' un segno nella storia della letteratura e spesso neanche rilegge. Per esperienza posso assicurate che il lavoro di post produzione e' lungo e faticoso. E poi c'e' l'impaginazione fatta come dio comanda, cioè seguendo in ritmi narrativi. Altra costosa professionalita'. E la grafica della copertina, la promozione del libro e dell'autore presso i librai, le presentazioni… I margini di guadagno per gli editori che non rientrino nel gruppo strettissimo delle major sono molto ristretti e le royalty degli autori, salvo pochissime eccezioni fra cui quelle citate nei commenti, quasi inesistenti se paragonate al tempo e alla fatica che occorrono per produrre un buon libro, romanzo o saggio che sia. Quindi: a) pirata re un libro non e' far circolare le idee, ma rubare; b) gli editori indipendenti e seri quando pubblicano un libro perché credono in un certo autore, investono soldi al buio sapendo che, indipendentemente dal suo valore potrebbe essere un flop; c) se il mercato editoriale non fosse invaso da spazzatura autoprodotta o pubblicata regolarmente inseguendo un filone fino alla nausea ci sarebbero molte piu' opportunità per chi considera la scrittura un impegno serio e non uno sfogo emozionale; d) se in Italia si leggesse di piu' e meglio, sicuramente si scriverebbe di meno e l'editoria forse non sarebbe alla frutta.

  4. Credo che la fiera/festival/salone/quant'altro più interessante sia "Più libri più liberi", a Roma, purtroppo per me un po' lontana. Qui a Milano qualcuno aveva provato a organizzare una fiera ospitante quella piccola editoria virtuosa che trova pochi spazi in libreria, ma è stato un mezzo fiasco. Tra una settimana ci sarà la seconda edizione, sono curioso di vedere se sarà un po' più vitale – perché di editori buoni ce ne sono, il tutto sta a farli arrivare al lettore. Sul self-publishing, non ti so dire. Massimo rispetto per chi lo usa seriamente, non omettendo la parte "publishing", ma è pur vero che di fregature ce ne sono parecchie.

  5. La glande editoRAGLIA che tampina nomi conosciuti per chiedergli di scrivere qualunque cosa, ché tanto poi a venderla ci pensano loro e i loro fidi giornalisti? NO COMMENT.
    La fregola pubblicativa di mitomani (fra cui può nascondersi gente talentuosa e in buona fede, intendiamoci, ma come può non rimanere, appunto, NASCOSTA in tale marasma?) che ingolfano il web con milioni di titoli, che magari costano 99 centesimi ma nella stragrande maggioranza dei casi non ne valgono mezzo? NO COMMENT.
    Come si sente lo Scrittore In Via D’Estinzione fra l’incudine ragliante e i martelli narcisisti? NON BENE.
    (Però va avanti per la sua strada, e se ne sbatte orgogliosamente il cazzo. Altrimenti non sarebbe un pazzo d’artista :D).

    p.s. quello che spesso diciamo dei politici (cioè che abbiamo quelli che ci meritiamo, e che eleggiamo) vale anche per i libri che (non?) leggiamo: un popolo disposto a credere che gli scrittori siano quelli che gli dice la tv non merita NIENTE di meglio dei moccia, dei volo e delle littizzetto!

  6. p.p.s. naturalmente non pretendo che tutti si comportino come me (sarebbe un atteggiamento noioso e moralistico), anche perché i tempi sono cambiati, e oggi una persona che sa di valere ma non riesce a farsi considerare dagli editori magari fa anche bene a tentare altre strade… Resta il fatto che io ho atteso con pazienza e cocciutaggine di esordire a 41 anni, e nel frattempo trovavo molto più dignitoso stamparmi e rilegarmi le mie cose in formato A4, tipo copione cinematografico, e REGALARLE a coloro che desideravano leggerle. Ebbene: mentre io facevo questo, mi toccava pure subire gli assalti di conoscenti semianalfabeti che pretendevano di VENDERMI le loro sbrodolate pubblicate a pagamento. Una cosa davvero penosa, penosa, penosa, penosa…

  7. Non so, il sellf publishing non mi convince, soprattutto ho conosciuto tantissima gente, un po' in tutte le arti, che non sa assolutamente darsi giudiizi obiettivi. Mi rompe che tra i più letti finiscano la Parodi e Volo, certo, ma questo non può legittimare tutta la fuffa che viene stampata.

  8. il self publishing ha senso (e anche parecchio) se uno ha già dei potenziali lettori. Se il sig. ObbrObbriO avesse 10 volte tanto i lettori attuali, o magari fosse uno dei cosiddetti "influencer" che popolano la rete, beh, non avrebbe troppe difficoltà a trovare dei lettori per un libro autopubblicato. Lo vendi direttamente dal tuo blog – tanto quello è il canale con cui "incontri" i tuoi potenziale acquirenti e salti direttamente il tramite della casa editrice. Secondo me una cosa a cui si dà poco risalto in questi casi è la "reputazione online": se uno ha tanti lettori, è apprezzato, va da sè che sa anche scrivere, e che quindi puoi fidarti nel comprare un suo libro – anche se autopubblicato.

  9. Be', come la penso dovresti ormai saperlo. Il fatto è che credo non ci sia la volontà di creare un prodotto appetibile, per questo gli esordienti credono invece nel self-publishing come mezzo di rivolta verso un sistema che ha tradito troppa noncuranza verso i lettori.

    Dall'altro lato è vero anche che in molti, come ho avuto modo di scoprire, sentono le dita prudergli al pensiero di spendere 1 euro in un ebook… come se quell'euro valesse di più del caffé che ci si beve al mattino.
    Si tratta di priorità, e ormai le priorità sembrano cambiate radicalmente…

    • Paolo, sono d'accordo con te. Penso solo che la carenza di autoselezione stia riempendo il mercato del self con troppa robaccia, che toglie visibilità e ossigeno a quei pochi autori validi che si autopubblicano

  10. Mi piacerebbe leggere della robaccia, ma sono troppo impegnato con la mia… Bel post, dici quello che temo da un po'. Speriamo sia solo un punto di vista negativo; la realtà è molto meglio di come la descrivi, vero? Dì di si, dì di si, dì di si!

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